Neurofeedback: la rappresentazione dell'attivazione cerebrale
- Lucia
- 19 feb 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Abbiamo già parlato del biofeedback, oggi parliamo di un suo "fratello", il neurofeedback. Ecco come il cervello viene "rappresentato" sullo schermo di un pc.

Vi abbiamo già parlato del biofeedback qualche post fa, e vi abbiamo spiegato di come l'attivazione fisiologica (ossia il battito cardiaco, la respirazione o la sudorazione) possa indicare la nostra reazione emotiva a determinati stimoli ed insegnarci a regolare proprio questa.
Ma oggi voglio parlavi di qualcosa di forse anche più affascinante, e che tutti pensano sia impossibile da regolare, se non attraverso le medicine: sto parlando del cervello.
Grazie alle ultime tecnologie, è infatti possibile capire come sta funzionando il nostro cervello, e cercare di portarlo ad attivarsi diversamente. Il tutto in maniera inconsapevole, ma sempre per poter ottenere un guadagno e potenziare il nostro benessere.
Come avviene?
Innanzitutto bisogna capire che il nostro cervello ha una continua attività elettrica cerebrale, che può essere registrata tramite l'elettroencefalogramma, attraverso degli elettrodi posizionati sulla nostra testa. Questa attivazione cerebrale può essere divisa in bande di frequenza, che corrispondono a specifiche attività cerebrali. Ad esempio, abbiamo le bande di frequenze delta e theta per lo stato di sonno profondo e medio, alpha per la veglia rilassata (ad esempio quando siamo al buio, poco prima di addormentarci) e beta quando siamo nella veglia attenta, ossia c'è attività mentale (in poche parole, basta già che siamo svegli e stiamo seduti).
Il neurofeedback, attraverso l'elettroencefalogramma, registra le onde, e capisce quali aree cerebrali sono più attivate e quali meno. Vengono quindi mostrati delle situazioni in realtà virtuale che si modificheranno solo quando il soggetto attiverà determinate onde. Questo è il funzionamento base del neurofeedback.
Ma facciamo un esempio concreto, anche per capire come questa tecnologia può essere applicata all'empowerment.
Dei ricercatori (Antle, Chesick, Levincohn, Sridharan & Tan) hanno cercato di migliorare le condizioni di ragazze in condizioni di povertà in Nepal. Partivano dal presupposto che praticando degli esercizi di autoregolazione, le ragazze sarebbero riuscite a gestire meglio l'ansia e l'attenzione, portandole ad un progressivo miglioramento, ed aiutandole ad uscire, con maggiore probabilità, dalla povertà.

Hanno quindi creato un gioco che coinvolgesse la loro attivazione cerebrale per poter ottenere i risultati desiderati. C'erano due giochi in ambiente virtuale (ne parliamo anche qui) cui era coinvolto principalmente il rilassamento: in uno, se le ragazze riuscivano a rilassarsi sufficientemente, avrebbero fatto girare una girandola, e nell'altro caso avrebbero aiutato dei parapendisti a salire sopra i monti e a saltare giù per far aprire il paracadute. Nel caso le ragazze non fossero riuscite a mantenere sufficientemente a lungo lo stato di relax, la girandola si sarebbe fermata e il parapendista sarebbe sceso dalla montagna. Il terzo gioco, invece, riguardava la capacità di mantenere la concentrazione: infatti, veniva richiesto alle ragazze di mantenere un certo tipo di attenzione che avrebbe permesso loro di creare una pila di pietre: nel caso la loro attenzione fosse calata, le pietre sarebbe tornate dentro il cestino che le conteneva inizialmente.
Lo stato di relax o di attenzione, ovviamente, veniva registrato attraverso l'elettroencefalogramma in grado di restituire un neurofeedback. I risultati ottenuti mostravano un effettivo miglioramento nell'autocontrollo, soprattutto per quanto riguarda il rilassamento e l'attenzione.
Ecco quindi come anche il cervello, a livello inconsapevole, possa essere "addestrato" a funzionare bene per permetterci di ottenere dei risultati migliori nella vita!
Per approfondire:
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