Il fenomeno Facebook: vorremmo essere quello che postiamo
- Dora
- 26 feb 2016
- Tempo di lettura: 3 min
Vi è mai capitato di visualizzare i profili dei vostri amici o dei personaggi famosi e pensare: "Che fortuna! E' sempre così bello/a e felice!", provando magari anche un po' di invidia? I social network possono aiutarci a raggiungere un'immagine di sè ideale? E ciò può avere benefici sul nostro benessere?

Abbiamo già parlato di Facebook in un altro articolo (Facebook: positivo o negativo?) e di cosa renda le app così efficaci (Il successo delle applicazioni: qual è il loro "ingrediente segreto"?)
Oggi parliamo di come Facebook e i Social Network in generale (Instagram, Twitter...) rappresentino, per certi versi, un mondo protetto e patinato. Un mondo dove si esibiscono con più facilità e frequenza esperienze e vissuti positivi e immagini di sè il più possibile perfette. In altre parole, potremmo dire che le persone tendono a mostrare il loro sè ideale.
Di cosa si tratta?
Nel 1987 lo psicologo Tony Higgins introdusse la teoria psicologica della Discrepanza del Sè. Secondo questa teoria esistono tre differenti "Guide del Sè":
il Sè Ideale: quello che vorremmo essere
il Sè Reale: quello che pensiamo di essere
il Sè Imperativo: quello che sentiamo di dover essere
Il benessere individuale deriverebbe dal fatto che tra le tre concezione del Sè non vi sia uno scarto troppo elevato.
Cosa succede altrimenti?
Se lo scarto tra il Sè Reale e il Sè Ideale è troppo ampio, la persona avvertirà sentimenti di tristezza, delusione e amarezza, che se perdurano nel tempo potrebbero manifestarsi in stati depressivi e di abbassamento di autostima.
Se lo scarto tra il Sè Ideale e il Sè Imperativo è elevato, la persona avvertirà stati di senso di colpa e imbarazzo, con manifestazioni di stati d'ansia.
Tornando a Facebook, i post, i commenti, le foto che postiamo tendenzialmente vanno nella direzione di mostrare il nostro Sè Ideale, ovvero quello che vorremmo essere. Se nella realtà ci consideriamo simili ad esso, ciò può avere un effetto positivo su di noi, aumentando la nostra autostima, mentre invece se ci consideriamo molto diversi dall'immagine che tendiamo a dare, i sentimenti saranno più ambivalenti e la nostra autostima ne risentirà.
Tale processo può avvenire a differenti livelli di consapevolezza: chi ha maggior autoconsapevolezza sui propri canoni interni potrebbe risentire maggiormente di tali effetti.
Ma non dimentichiamo che Facebook è social, quindi se da una parte è importante focalizzarsi sulla propria immagine, dall'altra non si può dimenticare la rete relazionale che, necessariamente, implica.
Una seconda teoria psicologica può spiegarci perchè, per alcune persone, essere pieni di amici su Facebook non elimini sensazioni individuali di solitudine.
Nel 1982 Perlman e Peplau svilupparono il modello della discrepanza cognitiva: le persone sviluppano uno standard interno di comparazione, un modello ideale e mentale con il quale confrontano e giudicano le loro relazioni interpersonali nella loro vita reale ed esterna. Se le loro relazioni con gli altri superano questo standard, l’individuo non sperimenterà sentimenti di solitudine e sarà soddisfatto delle proprie relazioni, sia in termini di quantità che di qualità. Al contrario, se le loro relazioni reali con gli altri sono al di sotto di questo standard e aspettativa interna, l’individuo sarà insoddisfatto e farà esperienza della solitudine, con un dolore più o meno intenso a seconda dei casi.
Facebook ci mette davanti a relazioni spesso solo virtuali. Se ad esse non corrispondono relazioni positive con gli altri nella vita reale, ciò può portare a sentimenti di tristezza e solitudine. Se invece le nostre relazioni sociali reali sono positive ed estese, tale effetto non verrà percepito (anche se obiettivamente, non li conosci proprio tutti i tuoi 500+ amici...).
Abbiamo visto come alcune teorie psicologiche possono essere applicate ai social network. Cosa ne pensate? Vi ritrovate? O al contrario non pensate siano valide per il mondo del web? Aspettiamo i vostri commenti!
Per approfondire:
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